Noi e la fame – una chimera o una sensazione reale?

Noi e la fame – una chimera o una sensazione reale?

A tutti noi, già dalla tenera età, è stato insegnato che assicurarsi il cibo in tavola è una delle primarie necessità che nell’arco della vita dovremo soddisfare. Infatti, la paura dalla fame affligge nella sessa maniera l’uomo di una volta, così come l’uomo moderno.

Che il cibo sia fondamentale per la nostra sopravvivenza è indubbio, ma la domanda che spesso mi assilla è di quanto realmente ne abbiamo bisogno e, soprattutto, se il nostro atteggiamento di costante ed inconscia preoccupazione per il cibo sia realmente quello corretto.

Riflettendo su questo aspetto, sono arrivata alla conclusione che questo atteggiamento, che ci pone in uno stato di costante apprensione, forse non è proprio strutturato nella maniera adeguata.

In realtà, osservando i processi naturali ed il comportamento degli altri esseri viventi nella natura, sappiamo che gli animali mangiano soltanto quando ne hanno una reale necessità. E’ praticamente impossibile trovare un’animale che mangi senza fame, a meno ché stia costruendo le riserve per il periodo in cui andrà in letargo. L’uomo, invece, sembra di essere l’unico essere vivente a mangiare anche quando non è realmente affamato.

 

L’abitudine e le regole alimentari

 

Molto spesso la nostra grande preoccupazione per il cibo in realtà non è dovuta alla fame. Alla base molte volte c’è un semplice “senso di responsabilità” verso il proprio organismo, il “rispetto delle regole alimentari” degli “orari in cui è bene mangiare”, insomma… l’abitudine.

Quella abitudine che ci dice che, una volta alzati dal letto, la prima cosa da fare è una buona colazione; supportata da un’infinità di luoghi comuni e suggerimenti pubblicitari modello Mulino Bianco, relativi all’importanza di una “sana ed abbondante prima colazione” come indispensabile per un buon inizio della giornata. Poi, verso la metà della mattinata arriva l’ora della merenda; importante anche quella, la si fa persino a scuola.  E poi… e poi… il pranzo, tassativamente nel orario prestabilito dalle buone regole della società; “All’una tutti a tavola! Solo gli scellerati pranzano alle tre!” E non è finita qui; dove lo mettiamo il fruttino del pomeriggio alternato, a volte, da yogurtino; tanto per avere un’alimentazione “variegata”. Ed infine la cena; il momento di raccoglimento della famiglia intorno alla tavola; “Guai a chi sgarra! E poi… mica si può andare a dormire con la fame! Bisogna passare una notte intera!”

Beh, insomma, qualora i compagni della tavolata fossero dei sani contadini, coloro che passano la giornata in movimento all’aria aperta, magari zappando la terra, non ci sarebbe nulla da obbiettare; devono senz’altro soddisfare un notevole fabbisogno di energia.

Ma ahimè… tornando invece a quella tipica famiglia cittadina dei nostri tempi, composta magari da due impiegati e qualche scolaro, oppure nonno, nonna, qualche anziano zio ed il quadro è fatto. Oggettivamente parlando, di quanta energia avranno realmente bisogno? Tra il tragitto in macchina per raggiungere la scuola od il luogo di lavoro, le ore trascorse seduti dietro un banco o una scrivania, il resto della giornata passato tra il divano e la poltrona, oltre al tempo trascorso seduti a tavola consumando le gustose pietanze? Ah, in tutta questa foga quasi dimenticavo LA PALESTRA; quell’unica ora in cui ci rendiamo conto di essere veramente vivi, dove finalmente riusciamo a percepire il nostro corpo, dove attraverso la fatica liberiamo le nostre endorfine e raggiungiamo la tanto attesa euforia, per poi crollare dalla stanchezza, ma consapevoli di quella gioiosa sensazione di aver finalmente FATTO QUALCOSA.

 

Ma di quanta energia abbiamo veramente bisogno?

 

Il nostro corpo è una macchina perfetta; è come un grande computer che segue degli algoritmi sofisticati con delle dinamiche di autoregolazione, che lo mettono in condizione di poter funzionare perfettamente. Bisogna soltanto ascoltarsi.

Qui mi fermo. Non desidero affatto fare i conti della servetta sul numero di calorie ingerite, quelle consumate e quelle altre ancora che puntualmente vengono depositate. E non ho nemmeno sfiorato la frequentissima occasione in cui si “mangia per soddisfare la gola”. I risultati dell’equazione li abbiamo evidenti, li abbiamo intorno, soltanto che spesso guardiamo senza osservare veramente.

Paternale? No, non penso ce ne sia bisogno. Ciò che vorrei comunicare non è altro che un consiglio; quello di fermarsi, riflettere a fondo sulle proprie necessità e le abitudini alimentari e, provando a superare la routine, le “regole” ed i luoghi comuni vari, provare ad ascoltare il proprio corpo, seguire i propri sensi e mangiare soltanto quando si ha veramente fame.

 

(Foto di vivienviv0 da Pixabay)

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