I cibi “Light” fanno dimagrire veramente?

I cibi “Light” fanno dimagrire veramente?

Il “cibo light” nel corso degli ultimi decenni è diventato un cibo di uso quotidiano e viene sempre più acquistato da consumatori di tutto il mondo.

Dietro le scritte sulle confezioni light si nascondono studi pubblicitari e marketing persuasivo in grado di condizionare la psiche delle persone, facendo leva sui sensi di colpa e sulle loro peggiori paure come i kg di troppo e l’inevitabile prova costume.

Nella dura lotta contro il peso e il grasso in eccesso sembrano avere la meglio i famosissimi “cibi light”. Questa dicitura “light”, in bella vista sulle confezioni, attira moltissimo l’attenzione di quelle persone attente alla salute e in generale di tutti, in quanto appare subito chiaro che quegli alimenti siano privi di zuccheri e a basso contenuto di grassi, e che quindi ci troviamo davanti ad un prodotto dietetico.

 

Ma i “cibi light” sono veramente così “leggeri”?

 

Secondo indagini, sondaggi condotti in ogni parte del globo, non sembra essere proprio così.

Facciamo chiarezza.

 

5 cose importanti da sapere

  1. Gli alimenti light sono regolati da una normativa molto rigida a livello europeo per tutelare al meglio la salute dei consumatori.
  2. Un alimento può definirsi light se ha un tenore calorico ridotto del 30% rispetto all’alimento originale da cui deriva.
  3. Esiste una versione light quasi per ogni tipologia di prodotto che acquistiamo.
  4. I cibi a ridotto contenuto di grassi e di zuccheri spesso sono addizionati con aromi ed edulcoranti per renderne il gusto più gradevole.
  5. Bisogna prestare comunque attenzione al consumo dei prodotti light in quanto il loro abuso è sempre dannoso per la nostra salute.

 

Il mondo dei cibi light è veramente molto vasto, tanto è vero che esiste una versione light per quasi qualunque alimento reperibile nel più comune dei supermercati.

Come apparso sull’articolo del Fatto Alimentare, i prodotti in vendita negli scaffali di tutto il mondo presentano una realtà completamente diversa da quella riportata nelle etichette. Nell’articolo vengono presi in esame molti prodotti venduti come “light” che di fatto offrono un contenuto in grassi inferiore, ma nonostante ciò hanno un’apporto calorico quasi identico a prodotti analoghi senza l’indicazione “Light”.

Secondo un sondaggio condotto dall’associazione consumatori  Which, in Inghilterra su 1000 intervistati in vari centri commerciali, un buon 60% di loro acquista regolarmente prodotti “light” o “low-fat”,  ma solamente il 16% di loro è a conoscenza del significato delle scritte sulle etichette dei prodotti in termini di apporto di grassi. La tendenza è di credere che, se qualcuno ha autorizzato la commercializzazione di questi prodotti, allora vuol dire che deve esser pur vero.

Siamo di fronte ad un fenomeno che desta qualche preoccupazione, perché i consumatori, grazie a questa distorsione nella percezione,  si sentono autorizzati a mangiare di più, pensando di incamerare meno calorie.  Anche in Italia ed in gran parte del territorio Europeo la situazione non è diversa.

Basti pensare allo yogurt, merendine, biscotti, salse e condimenti, e a qualunque altro prodotto light in cui ci imbattiamo facendo la spesa. Tutti questi prodotti alimentari promettono innanzitutto calorie in meno, ma anche una qualità migliore del prodotto finito in termini di impatto sulla nostra salute.

 

Esiste una normativa che regola i cibi light e la loro immissione sul mercato?

 

I cibi light sono regolati da una rigida normativa a livello europeo che stabilisce quali sono gli alimenti che possono essere realmente commercializzati e pubblicizzati come light.

Il regolamento CE n. 1924/2006, il più recente in questo ambito, afferma che per legge un prodotto può essere considerato light se il suo apporto calorico è ridotto del 30% rispetto al valore dell’alimento in origine.

 

I termini dietetico e light sono sinonimi?

 

Non proprio. È doveroso, infatti, fare anche una ulteriore precisazione. Spesso i prodotti alimentari light vengono chiamati anche dietetici, come se i due termini fossero sinonimi.

Se i cibi light sono alimenti a ridotto contenuto caloricoi prodotti dietetici sono alimenti formulati per delle particolari categorie di consumatori, i quali non si trovano propriamente in uno stato fisiologico sano per ciò che riguarda il metabolismo e per questo hanno bisogno di prodotti specifici. Pensiamo, ad esempio, ai prodotti per celiaci, o a quelli a ridotto contenuto di zuccheri per i diabetici, oppure agli alimenti arricchiti di vitamine, neccessari per far fronte a specifiche carenze. Questi sono gli alimenti dietetici che rientrano in una categoria del tutto estranea a quella dei più comuni cibi light.

 

Siamo davvero sicuri che i cibi siano realmente light?

 

Innanzitutto è bene sottolineare che questi prodotti light, per essere resi light, devono essere sottoposti ad una lavorazione industriale estrema, che spesso determina una un’ alterazione delle caratteristiche nutritive.

Per fare un esempio, le vitamine liposolubili (vitamina A, vitamina D, vitamina E, vitamina K) possono esistere come tali negli alimenti di origine, in quanto sono veicolate proprio dalla porzione grassa di quegli alimenti. Essendo gli alimenti light, oltre che a ridotto contenuto di zuccheri, anche a ridotto contenuto di grassi, è ovvio che le vitamine liposolubili andranno quasi tutte perdute nei processi di lavorazione.

Lo stesso discorso vale anche per tutte le altre vitamine, i sali minerali e le proteine contenute negli alimenti, le quali, con le varie fasi di lavorazione e l’esposizione ad alte temperature, si dissolvono e non saranno presenti nel prodotto finito.

Altra caratteristica negativa dei cibi light è il loro sapore. Tutti noi avremo mangiato un prodotto light almeno una volta nella nostra vita e sicuramente saremo rimasti un po’ delusi dal suo sapore. La convinzione, però, che quell’alimento faccia meno male alla nostra salute, o che ci aiuti a diminuire di peso, ci spinge comunque ad accettarlo e ad adattarci a quel particolare gusto, invece di considerare che quel cibo con quel sapore è il risultato dell’aggiunta al suo interno di additivi, necessari per renderlo quanto meno mangiabile!

In ogni caso, gli alimenti light in realtà non sono sprovvisti di qualunque tipologia di zucchero o di grasso, ma semplicemente contengono delle alternative a questi nutrienti. Uno degli esempi più frequenti è la dicitura “senza zucchero”.
Per legge questa dicitura in etichetta significa semplicemente “senza saccarosio”, ma ciò non toglie che in quell’alimento siano presenti altri tipi di dolcificanti, come ad esempio l’aspartame, fruttosio, stevia, sucralosio, l’acesulfame K, e molti altri edulcoranti, artificiali o naturali.

Pertanto, un prodotto, anche se indicato come “light”, non significa che non faccia ingrassare, o che migliori la nostra salute, poiché, nonostante i dolcificanti non abbiano un indice glicemico elevato come quello del saccarosio e non alterino la glicemia globale dell’organismo, apportano delle calorie e il loro abuso ha lo stesso effetto del comune zucchero da tavola sul nostro metabolismo.

Un’altro alimento considerato “light” è la margarina vegetale aricchita con omega3, la quale può sostituire nei nostri piatti il classico burro di origine animale. Nella dieta moderna i grassi, ed in particolare quelli saturi, vengono sempre visti come negativi e da evitare a tutti i costi. L’unico modo per ottenere da una fonte vegetale un grasso con le caratteristiche del burro, il quale si presenta alla temperatura ambiente in stato solido, è mediante il processo di idrogenazione.

Questo processo dà luogo alla formazione di acidi grassi trans, potenzialmente pericolosi per la nostra salute in quanto difficilmente digeribili, e pertanto tendono ad accumularsi nelle arterie, aumentando il rischio di varie patologie vascolari, come ad esempio l’aterosclerosi.

 

Quindi come ci possiamo regolare nell’acquisto degli alimenti indicati come “light”?

 

Bisogna essere consumatori coscienti e scegliere gli alimenti nel modo giusto, prestando innanzitutto molta attenzione all’etichetta per capire l’esatto contenuto dei nostri prodotti di fiducia. Inoltre, impostando la nostra dieta sui cibi “light”, bisogna evitare che la psiche ci condizioni, portandoci a pensare che, avendo qualche caloria in meno, questi alimenti possano essere tranquillamente consumati in quantità maggiori, poiché spesso non è affatto così.

Perciò, prestare attenzione alle etichette e al valore nutrizionale e calorico degli alimenti che introduciamo nel nostro organismo è la base fondamentale per mantenere il nostro organismo in salute.

 

(Foto di Mireya Zhiminaicela da Pixabay)

Noi e la fame – una chimera o una sensazione reale?

Noi e la fame – una chimera o una sensazione reale?

A tutti noi, già dalla tenera età, è stato insegnato che assicurarsi il cibo in tavola è una delle primarie necessità che nell’arco della vita dovremo soddisfare. Infatti, la paura dalla fame affligge nella sessa maniera l’uomo di una volta, così come l’uomo moderno.

Che il cibo sia fondamentale per la nostra sopravvivenza è indubbio, ma la domanda che spesso mi assilla è di quanto realmente ne abbiamo bisogno e, soprattutto, se il nostro atteggiamento di costante ed inconscia preoccupazione per il cibo sia realmente quello corretto.

Riflettendo su questo aspetto, sono arrivata alla conclusione che questo atteggiamento, che ci pone in uno stato di costante apprensione, forse non è proprio strutturato nella maniera adeguata.

In realtà, osservando i processi naturali ed il comportamento degli altri esseri viventi nella natura, sappiamo che gli animali mangiano soltanto quando ne hanno una reale necessità. E’ praticamente impossibile trovare un’animale che mangi senza fame, a meno ché stia costruendo le riserve per il periodo in cui andrà in letargo. L’uomo, invece, sembra di essere l’unico essere vivente a mangiare anche quando non è realmente affamato.

 

L’abitudine e le regole alimentari

 

Molto spesso la nostra grande preoccupazione per il cibo in realtà non è dovuta alla fame. Alla base molte volte c’è un semplice “senso di responsabilità” verso il proprio organismo, il “rispetto delle regole alimentari” degli “orari in cui è bene mangiare”, insomma… l’abitudine.

Quella abitudine che ci dice che, una volta alzati dal letto, la prima cosa da fare è una buona colazione; supportata da un’infinità di luoghi comuni e suggerimenti pubblicitari modello Mulino Bianco, relativi all’importanza di una “sana ed abbondante prima colazione” come indispensabile per un buon inizio della giornata. Poi, verso la metà della mattinata arriva l’ora della merenda; importante anche quella, la si fa persino a scuola.  E poi… e poi… il pranzo, tassativamente nel orario prestabilito dalle buone regole della società; “All’una tutti a tavola! Solo gli scellerati pranzano alle tre!” E non è finita qui; dove lo mettiamo il fruttino del pomeriggio alternato, a volte, da yogurtino; tanto per avere un’alimentazione “variegata”. Ed infine la cena; il momento di raccoglimento della famiglia intorno alla tavola; “Guai a chi sgarra! E poi… mica si può andare a dormire con la fame! Bisogna passare una notte intera!”

Beh, insomma, qualora i compagni della tavolata fossero dei sani contadini, coloro che passano la giornata in movimento all’aria aperta, magari zappando la terra, non ci sarebbe nulla da obbiettare; devono senz’altro soddisfare un notevole fabbisogno di energia.

Ma ahimè… tornando invece a quella tipica famiglia cittadina dei nostri tempi, composta magari da due impiegati e qualche scolaro, oppure nonno, nonna, qualche anziano zio ed il quadro è fatto. Oggettivamente parlando, di quanta energia avranno realmente bisogno? Tra il tragitto in macchina per raggiungere la scuola od il luogo di lavoro, le ore trascorse seduti dietro un banco o una scrivania, il resto della giornata passato tra il divano e la poltrona, oltre al tempo trascorso seduti a tavola consumando le gustose pietanze? Ah, in tutta questa foga quasi dimenticavo LA PALESTRA; quell’unica ora in cui ci rendiamo conto di essere veramente vivi, dove finalmente riusciamo a percepire il nostro corpo, dove attraverso la fatica liberiamo le nostre endorfine e raggiungiamo la tanto attesa euforia, per poi crollare dalla stanchezza, ma consapevoli di quella gioiosa sensazione di aver finalmente FATTO QUALCOSA.

 

Ma di quanta energia abbiamo veramente bisogno?

 

Il nostro corpo è una macchina perfetta; è come un grande computer che segue degli algoritmi sofisticati con delle dinamiche di autoregolazione, che lo mettono in condizione di poter funzionare perfettamente. Bisogna soltanto ascoltarsi.

Qui mi fermo. Non desidero affatto fare i conti della servetta sul numero di calorie ingerite, quelle consumate e quelle altre ancora che puntualmente vengono depositate. E non ho nemmeno sfiorato la frequentissima occasione in cui si “mangia per soddisfare la gola”. I risultati dell’equazione li abbiamo evidenti, li abbiamo intorno, soltanto che spesso guardiamo senza osservare veramente.

Paternale? No, non penso ce ne sia bisogno. Ciò che vorrei comunicare non è altro che un consiglio; quello di fermarsi, riflettere a fondo sulle proprie necessità e le abitudini alimentari e, provando a superare la routine, le “regole” ed i luoghi comuni vari, provare ad ascoltare il proprio corpo, seguire i propri sensi e mangiare soltanto quando si ha veramente fame.

 

(Foto di vivienviv0 da Pixabay)

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